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Recensioni L' invenzione del balcone

L' invenzione del balcone di Gene Gnocchi
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Gene Gnocchi (o è proprio il suo personaggio, Camillo Valbusa, cinquantunenne, ambulante con la Seat Toledo fuori di lui e la "semitensione alcolica organizzata" dentro di lui?) parte dal presupposto che il mondo è finito. Finito del tutto. Ciò che resta è un'imitazione, una parodia, un concentrato di amenità, risate tristi, situazioni tragiche: vuoi dare il sangue e non ci riesci, tuo figlio è in crisi perché non riesce ad andare su youtube col cellulare giusto. Cose così, tanto per fare un esempio. E allora si accumulano le parole più inadeguate, tra frammenti di diario, lettere agli editori, interviste postume. Leggende metropolitane riesumate da chissà quale tradizione locale, o inventate di sana pianta, perché il mondo, si diceva, è finito, e non si può stare a guardare tanto per il sottile in questa ultima emergenza. E sopra ogni cosa, i nostri tic mediatici, presi a craniate con lo strumento più contundente: la parola che bluffa, che si rigira su se stessa. Gene Gnocchi lo sa fare. Poi ci sarebbero anche i contenuti del libro, nello specifico, s'intende. Ma Gene ha fatto sapere che come risvolto di copertina, qui ce n'è fin troppo. Ci siamo già allargati, dice. E allora facciamo silenzio subito, che ora parla lui.)
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