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Storie di santi. Martiri, asceti, beati nella formazione dell'Occidente - Aviad Kleinberg - copertina
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Storie di santi. Martiri, asceti, beati nella formazione dell'Occidente
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Storie di santi. Martiri, asceti, beati nella formazione dell'Occidente - Aviad Kleinberg - copertina
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Descrizione


Il cristianesimo si è nutrito del culto di figure emblematiche, di santi che con il loro modo di vivere o morire testimoniavano la forza della propria fede e si offrivano come modelli. Fin dall'inizio, scrive Kleinberg, la religione cristiana si è caratterizzata per essere un culto della personalità: di Cristo in primo luogo, poi dei martiri, degli asceti, dei santi. Il libro racconta l'evoluzione e il ruolo di tale culto dalla sua origine nel secondo secolo al pieno medioevo, rileggendo e interpretando alcune testimonianze esemplari della sterminata letteratura medievale dedicata alle "vite dei santi": dal "diario" della martire Vibia Perpetua alla storia di sant'Antonio eremita nel deserto, a Simeone Stilita che visse appollaiato su una colonna, a Francesco d'Assisi e fra Ginepro, ai santi ricordati nella celebre "Leggenda aurea" di Jacopo da Voragine. Il culto dei santi e la letteratura che lo alimentava e ne era espressione davano voce a una fede popolare autonoma e qualche volta in contraddizione con gli insegnamenti stessi della Chiesa.
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Dettagli

2007
352 p., Rilegato
9788815120274

Voce della critica

Aviad Kleinberg muove da un assunto che è il filo conduttore generale del volume: secondo l'autore, la religione cristiana si è caratterizzata per essere un culto della personalità, di Cristo, dei martiri, degli asceti, dei santi. Tutte queste figure del culto cristiano sono santi che testimoniano la loro fede attraverso la loro vita e la loro morte, offrendosi come modelli. Il volume si presenta come una rassegna di racconti di alcune vite scelte di santi cristiani, dalle figure dei martiri agli asceti, ai monaci orientali e occidentali. Al centro è la parola scritta, il racconto trasmesso e diffuso tra i fedeli che attraverso questi testi stabiliscono un dialogo con i santi e con Dio.
Il saggio è volto a comprendere la funzione di queste storie nella strutturazione dei sistemi religiosi, il messaggio da esse veicolato, le contraddizioni e le problematiche da esse create. La questione centrale è la complessa dinamica sociale che produsse la formazione di una narrativa religiosa ricca e sempre in costruzione: Kleinberg si chiede in che modo la società cristiana giunse a formulare il proprio repertorio narrativo e a quale scopo.
L'opposizione tra carisma e istituzione all'interno della storia della santità è la chiave di lettura usata dall'autore per leggere il processo di costruzione e di narrazione delle vite dei santi: entro questa cornice sono da collocarsi la fede spontanea dei credenti, la forza creativa della comunità e la prudenza frenante della gerarchia ecclesiastica, il suo desiderio di creare consenso. Il carisma del santo è considerato da Kleinberg non un'essenza ma un legame sociale, l'esito positivo di un processo di negoziazione: una qualità o un'energia che non può avere senso che in presenza di un pubblico. Il carisma è una forza che nella maggior parte dei casi diventa, da caos e disordine, un'energia ordinata e istituzionale. Parimenti, anche il linguaggio, da disordinato e sovversivo, diviene linguaggio canonico: il culto dei santi e la letteratura che lo alimentava e ne era espressione davano voce a una fede popolare autonoma e qualche volta in contraddizione con gli insegnamenti stessi della chiesa. Secondo l'autore tuttavia, entro il quadro di istituzionalizzazione che illustra, le storie dei santi divennero presto o tardi funzionali agli interessi politici della chiesa. Prodotte dalle élite ecclesiastiche o sotto il loro controllo, furono strumenti per esercitare un dominio religioso e politico.
Oltre a questa prospettiva di istituzionalizzazione del carisma attraverso la propaganda scritta, che a volte rischia di ridurre la complessità e la varietà delle storie dei santi, un aspetto debole del volume è il fatto di aver trattato storie provenienti da ambienti lontani e scritte durante i primi secoli, facendo riferimento, anche in sede di conclusioni, soltanto a un Occidente medievale.
Poiché il titolo dell'opera circoscrive il contenuto alla storia di santi che hanno contribuito alla formazione dell'Occidente, l'influenza e l'apporto della letteratura dei primi secoli orientali nella costruzione dei modelli e delle pratiche di santità occidentali doveva essere sottolineata con maggior vigore. Ciò avrebbe giustificato il fatto di avere dedicato ai santi d'Oriente i due terzi del saggio; dopo i martiri e le martiri dei primi secoli, Antonio primo padre del deserto, Pacomio e Simeone lo Stilita, occorre attendere il nono di dodici capitoli per entrare nel mondo della santità occidentale, con la nascita di una letteratura popolare delle vite dei santi e il progetto monastico di Cassiodoro e Benedetto, per passare successivamente a Francesco d'Assisi e fra Ginepro e infine ai santi ricordati nella Leggenda aurea di Jacopo da Varagine. Sull'Occidente e su questi secoli si concentrano le conclusioni e le riflessioni più originali in esse contenute, che potevano essere anticipate meglio nel corpo del libro. In effetti, è in Occidente, a partire dal secolo XI fino a tutto il XIII, che il genere narrativo delle storie di santi diventa un elemento centrale della società, poiché i racconti di questo genere hanno la funzione di spingere all'emulazione o di supplire alle esigenze di azione.
  Mariachiara Giorda

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